martedì 30 gennaio 2018

La K.u.K. (*) Frauenheim, ossia l'imperial-regio bordello di Levico

Le prostitute a servizio della truppa combattente esercitavano al K.u.K. "Frauenheim", il bordello di Levico, ed era ovvio che fosse così: lo proclamava l'insegna stessa, bella grande e a caratteri ben leggibili, dipinta mentre il cappellano guardava da un'altra parte.
(*) k.u.k. era l'acronimo di "kaiserlich und königlich" (dal tedesco: imperiale e
regio) e era il prefisso di tutti gli enti, istituti e unità militari che facevano capo alla
amministrazione pubblica austro-ungarica dal 1867 al 1918.
Nei primi mesi della Grande Guerra dietro le linee di combattimento spuntavano i postriboli militari, con prostitute spesso ospitate su carovane che avanzavano o retrocedevano a seconda dei vari spostamenti delle truppe.
Perchè la donna del tempo non era solo custode della patria e della casa, né semplice angelo che dà sollievo e conforto. Era pure oggetto di desiderio, anche peccaminoso.
Prima della WW1 le case di tolleranza autorizzate erano solo tre: due a Trento e
una a Riva del Garda. Ma la prostituzione "irregolare" aveva una diffusione ben
più vasta, specialmente nei luoghi di soggiorno e cura estiva: Levico, Roncegno
e Riva del Garda, principalmente da parte di prostitute "regnicole", cioè provenien-
ti dal Regno d'Italia.
Ed ecco un’altra figura ricorrente nell'iconografia semi-ufficiale della Grande Guerra, la imperial-regia (K.u.K.) prostituta, costante presenza che accompagnava il soldato nella concreta e durissima quotidianità bellica.
La guerra peggiorò le condizioni di vita dei ceti popolari e la richiesta di prostitute
per le truppe crebbe vertiginosamente. Così stavolta erano le operaie a vendersi,
visti anche i bassi salari e le cattive condizioni di vita, anzichè le cameriere e lo-
candiere italiane di prima della guerra.
Le consistenti truppe di stanza a Levico si avvicendavano agli strategici presidi valsuganotti della "Festung Trient" (la "Fortezza di Trento"), in primis il forte del Piz di Levico e quello, sottostante, di Busa Verle.
Senza contare i tanti presìdi minori del Colle di Tenna e del Col delle Benne di Levico, senza contare i ricambi che andavano assicurati alle trincee avanzate della Panarotta. Gli anni della WW1 registrarono quindi un vertiginoso aumento della "domanda".
Con lo scoppio delle ostilità anche la nazionalità delle prostitute (legali o meno) subì una mutazione e alle italiane subentreranno donne che venivano dalle più disparate parti della monarchia: Boemia, Stiria, Vienna, Moravia.
Il fenomeno più significativo divenne però quello illegale, clandestino.
A Levico, che si trovava a ridosso del fronte e contemporaneamente vantava, in quanto importante centro di soggiorno, una specifica tradizione in materia, il fenomento fu più marcato che altrove.
I soldati chiamavano ironicamente Feldmaitresse, mezzane da campo, dopo che s'erano verificati anche casi di prostituzione tra le infermiere in servizio presso gli ospedali militari.
L'architetto che ha curato il restauro (è stato il primo obiettore di coscienza del Trentino, se non ricordo male: erano i tempi della Lega Obiettori di Coscienza...) ha voluto mantenere la vecchia insegna dipinta sul muro e secondo me ha fatto bene. Ricordare le cose non significa condividerle, ma piuttosto mantenerle nel tempo, offrire un elemento di giudizio in più.

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